Il motivo dell’aggettivo “Dorica”, assegnato a
questa composizione non da Bach ma dai suoi successivi editori, probabilmente
risiede nelle intenzioni del suo autore di riprodurre un clima sonoro tipico
degli antichi modi greci e gregoriani. In questa composizione si trova un
chiaro riferimento al particolare sapore modale di alcuni suoi passi: il modo
dorico è il primo modo nell’antica teoria musicale greca e nella successiva
produzione gregoriana: la sua finalis
è il re mentre la repercussio o
dominante è il la. In questo modo abbiamo, di fatto, la moderna tonalità del re
minore con il si che può presentarsi sia naturale che bemolle. Caratteristica ulteriore è l’assenza dei moderni semitoni artificiali. Alcuni studiosi hanno
notato che tali semitoni artificiali, invece, sono presenti in questa
composizione; questa affermazione si può facilmente obiettare soprattutto se si
prende come riferimento il soggetto della Fuga. Anche se si richiama alla
nostra scala di re minore naturale senza alterazioni, in pratica riproduce le
caratteristiche proprie del protus
autentico. Bach, di fatto, scrive in re minore. In alcuni passaggi, però, si
nota una certa indeterminatezza tra la moderna tonalità e l’antica modalità;
tale indeterminatezza costituisce uno degli aspetti più interessanti di questo
dittico e rappresenta una valida giustificazione al suo titolo, anche se non è
pienamente corretto su un piano squisitamente tecnico[1].
La questione
riguardante la datazione di quest’opera rimane un problema ancora in fase di
risoluzione. A disposizione non abbiamo l’originale di questa composizione ma
varie copie risalenti alla metà del ‘700. In una di queste copie,
originariamente attribuita a Michael Gotthard Fischer (1773 – 1829), allievo di
Johann Christian Kittel, viene indicata come composizione eseguita dallo stesso
Bach in occasione dell’inaugurazione del nuovo organo costruito nella chiesa di
san Martino a Kassel, il 28 settembre 1732. Studi successivi hanno però
dimostrato che tale copia è di Johann Gottfried Walther e che probabilmente
questi la ha realizzata a Weimar ricavandola dall’autografo bachiano, prima del
1717[2]. L’unico
elemento che si ha a disposizione per determinare la datazione di questa
composizione è rappresentato da una accurata analisi stilistica e formale
dell’opera la quale, però, presenta notevoli elementi contraddittori. Sotto
certi aspetti la composizione si richiama alle grandi composizioni organistiche
del periodo di Weimar.
Nel Preludio si riscontra quasi una certa volontà di mettere in atto tutte le risorse virtuosistiche dello strumento e dell’esecutore. Si apprezza, inoltre, un sapore tendenzialmente arcaico rappresentato non tanto dall’uso della modalità quanto piuttosto da un’architettura che richiama l’antica toccata, motivo per il quale il preludio viene chiamato Toccata.
Nel Preludio si riscontra quasi una certa volontà di mettere in atto tutte le risorse virtuosistiche dello strumento e dell’esecutore. Si apprezza, inoltre, un sapore tendenzialmente arcaico rappresentato non tanto dall’uso della modalità quanto piuttosto da un’architettura che richiama l’antica toccata, motivo per il quale il preludio viene chiamato Toccata.
Il Preludio o Toccata
si basa su un tema che, a forma di canone, passa attraverso le varie voci. Il
ritmo a semicrome ed il costante cambiamento a livello coloristico ottenuto
dall’alternanza dei manuali con effetti quasi di eco, fanno di questa Toccata
quasi un Concerto dove il solo si alterna al tutti. Le composizioni
organistiche di Bach sono povere di indicazioni riguardanti l’uso dei registri
o delle tastiere dell’organo: questo non succede nella Toccata Dorica, dove
sono segnati con grande perizia i cambiamenti di tastiera. La stessa copia di
Walther, di cui si è già detto sopra, riporta le indicazioni di Oberwerk e Positiv.
La Toccata si può
suddividere in tre parti: nella prima parte il tema si sviluppa dalla tonica
alla dominante; nella seconda il tema si evolve alla sottodominante; nella
terza si riscontra un passaggio dalla sottodominante al suo relativo maggiore
dal quale si ritorna finalmente alla tonalità di impianto. È da notare che la
lunghezza della terza sezione equivale alla somma delle due sezioni precedenti.
Di tutt’altro sapore è
invece la Fuga, nella quale si riscontrano evidenti richiami all’antica forma
del ricercare. Ci troviamo adesso in un clima di rigore, austerità e
compostezza. La Fuga ha le caratteristiche di una composizione vocale, quasi un
lungo mottetto nel quale non trovano posto effetti coloristici particolari. La
lunghezza di questa Fuga non ne pregiudica la varietà che viene, invece,
esaltata da un sapiente e sottile gioco contrappuntistico.
Il Preludio (Toccata) e
Fuga in re minore “Dorica” BWV 538 di Johann Sebastian Bach rappresenta un
grande monumento della letteratura organistica dove si fondono la
sperimentazione coloristica e la fine sapienza contrappuntistica del suo autore.
L’esperienza sia dell’ascolto che dell’esecuzione di questo brano riserva
sempre quelle grandi emozioni tipiche di quei capolavori che hanno fatto la
storia della musica.
Partitura |
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Armenlin Musica
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