JOHANN
SEBASTIAN BACH: Fantasia (Preludio) e Fuga in sol minore – BWV 542
La Fantasia e Fuga in
sol minore rappresenta un vero e proprio monumento di tutta l’arte organistica,
in particolare, e tastieristica, in generale. La sua composizione si colloca in
un periodo in cui Bach sta percorrendo una strada che lo porterà alla piena
maturazione artistica, poetica e teologica. Le cronache dell’epoca ci parlano
di un viaggio da lui compiuto ad Amburgo dove, nella chiesa di Santa Caterina,
ha tenuto un concerto d’organo per le principali autorità locali. In
quell’occasione, dopo aver suonato per circa due ore, Johann Sebastian, a
grande richiesta degli intervenuti all’evento, concede un bis improvvisando secondo
le diverse maniere, come un tempo erano abituati gli organisti amburghesi ai
vespri del sabato per circa mezz’ora sulla melodia del corale An Wasserflussen Babylon (Sui fiumi di
Babilonia) ed ottiene la grande ammirazione dell’ormai novantasettenne
organista titolare di quella chiesa Jan Adam Reinken [1] il
quale affermava: “Pensavo che quest’arte fosse morta, ma vedo che vive ancora
in lei”.
L’occasione per questo viaggio di Bach ad Amburgo è stata,
probabilmente, dettata dal concorso per il posto di organista nella succitata
chiesa di Santa Caterina, vista l’ormai veneranda età del suo organista
titolare. Se anche Bach non ha sostenuto la prova di concorso, ha, tuttavia,
manifestato la sua abilità straordinaria sullo strumento di quella chiesa
presentando la grande Fantasia e Fuga in sol minore. Nel breve soggiorno ad
Amburgo Bach ripercorre, questa volta da protagonista, gli itinerari già
percorsi in gioventù[2].
Il tema della Fuga,
comunque, si trova già in una copia in possesso di Johann Tobias Krebs e risale
ad un periodo di tempo che si può collocare intorno al 1714. Il tema della Fuga,
inoltre, è presente, con qualche variante ritmica, in un trattato di JohannMattheson e si ispira alla melodia della danza olandese Ich ben gegroet. Tale tema è stato, inoltre, riproposto come prova
di concorso per il posto di organista titolare per il duomo di Amburgo nel
1725. Se è possibile che la Fuga sia stata conosciuta negli ambienti di Amburgo
già dal 1720, nulla di preciso si ha a disposizione per ciò che riguarda la Fantasia:
in una ventina di fonti compare la sola Fuga, talvolta anche in un diverso
impianto tonale, mentre la Fantasia risulta come composizione a sé stante in
un’unica fonte, peraltro posteriore; in due soli casi i due brani sono uniti in
un dittico, mentre in altri tre la loro fusione in un unico blocco non è
sicura. Sulla costituzione di questo blocco e sulla datazione della Fantasia,
tuttavia, non esistono prove apparenti, ma forse il primo membro del dittico
appartiene ad un periodo anteriore, agli anni giovanili dunque[3].
Da un punto di vista
prettamente formale la Fantasia conserva quel carattere di improvvisazione che
negli antecedenti storici aveva lo scopo di controllare tecnicamente l’accordo
degli strumenti mentre la Fuga si rifà, nella sua varietà tematica e nella sua
linea melodica, alla tradizione vocale, con i suoi slanci tematici e le sue
linee polifoniche.
La Fantasia si
riallaccia in maniera decisiva all’antica prassi toccatistica dove le parti
figurative si alternano a passaggi accordali e ad imitazioni. Nonostante
l’incipit della Fantasia si richiami evidentemente allo stile di Buxtehude, in
questa composizione ci troviamo in un mondo sonoro totalmente nuovo dove le
voci di un maestoso coro costruiscono un mirabile dialogo. Albert Schweitzer
riconosce nei recitativi che si susseguono nella Fantasia un “fracasso
torrentuoso”.
Questo clima così complesso è dovuto sostanzialmente agli accordi
ed al procedimento polifonico delle varie voci sostenute da un basso continuo[4].
In questo complesso apparato architettonico, carico di dissonanze e di
tensioni, l’Autore riesce a toccare tonalità lontane per poi giungere ad una
grandiosa cadenza finale preparata da un mirabile basso che procede
cromaticamente prima di giungere alla dominante della tonalità d’impianto.
La Fuga presenta una
struttura che si richiama ad un movimento di concerto dove gli sviluppi
tematici coprono il ruolo del Tutti e
gli interludi quello del Solo. Dopo
l’esposizione e la contro esposizione del tema seguono gli sviluppi di elementi
nuovi o secondari che si alternano, comunque, a chiari richiami del soggetto.
Nella parte centrale si assiste ad un assottigliamento della polifonia in
quanto le voci si riducono prima a due e poi a tre. Nel prosieguo della composizione
si assiste ad una successiva elaborazione delle imitazioni che portano ad un
clima sempre più carico di tensione che sfocia negli stretti finali che
conducono alla chiusa.
Questa composizione dà
un senso di vertigine sonora che sembra che nasca dalle dita dell’esecutore.
Nella struttura dei due pezzi che compongono questo dittico si riscontra una
grande padronanza di una tecnica compositiva che si presenta nella sua più
genuina freschezza.
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A., L’organo, Franco Muzzio Editore
Il migliore commento lo ho letto sul libro BACH di Piero Buscaroli.
RispondiEliminaNon avendo letto questo libro un
organista titolato avrà certamente una informazione carente sull'opera e la vita di J.S.Bach.
Affermò ciò dopo aver cercato invano lavori più esplicativi nella Biblioteca del Conservatorio nazionale di S.Cecilia in Roma.